Immagina il futuro
Immagina il futuro e scrivi un racconto ambientato tra 500 anni. Come sarà il mondo? Migliore, peggiore?… Ci sarà ancora un mondo?… Sarà abitato dagli umani?!
Un ronzio costante, il ticchettio di un orologio lontano , non sento nessun altro rumore. Fatico ad aprire gli occhi, mi sembra di vedere tanta luce, troppa. So che sto lentamente riprendendo coscienza e che il lungo sonno sta per terminare. I sogni che mi hanno fatto compagnia in tutti questi lunghissimi anni, o forse solo nelle ultime ore, si stanno dissolvendo come la nebbia al mattino. Ci saranno ancora il mattino? La nebbia, il sole, la luna? La capsula era programmata per tenermi in sospensione vitale per 500 anni, chissà cosa troverò quando finalmente la aprirò. Non so nemmeno se riuscirò ad alzarmi in piedi o quanto meno seduta. Potrò farlo solo se ci sarà stato sempre qualcuno che si sarà preso cura della mia muscolatura e avrà azionato gli attrezzi della ginnastica passiva. Chissà.
Incredibilmente è andato tutto come speravo, anzi come speravamo, se non sbaglio quando mi hanno ibernato non ero sola, c’era anche il mio compagno, dovrebbe essere qui vicino a me.
Ora comincio ad avere fretta, sono curiosa e mi sento la vita scorrere nelle vene. Posso muovere la testa, le dita delle mani e dei piedi, anche il bacino. Forse ho pure sete.
Una violenta luce mi abbaglia e fatico a tenere gli occhi aperti. Sono consapevole che li sto aprendo in un mondo che non è quello che ricordo, quello che mi era familiare. Non ci saranno gli affetti più cari e nemmeno quelli che meno amavo. Devo trovare il coraggio di guardare. Ecco li apro e vedo il mio sguardo riflesso nei suoi occhi chiari. Non è cambiato molto, è smagrito, magari lo sono anche io. Restiamo muti, in attesa.
Le ore passano, siamo di nuovo insieme. Tony e Marghe , di nuovo uniti e ci teniamo le mani strette strette. In questa stanza asettica, bianco-grigia, il nostro ritorno alla vita è ritmato da procedure sanitarie, dei piccoli esseri ci girano intorno silenziosi e amichevoli ma sono dei robot e non comunicano. Aspettiamo l’arrivo di qualche umano che ci conduca nel mondo reale, abbiamo voglia di vedere com’é diventato.
Finalmente un alto signore in camice bianco apre con decisione la porta e sorridendo ci porge la mano. Non parla, non ne ha bisogno il suo pensiero lo sentiamo nelle nostre menti, chiaramente. Ci conferma che il nostro stato di salute è abbastanza buono e che entro poco tempo potremo uscire da questa cabina sanitaria.
Abbiamo capito una cosa importante, la voce in questo nuovo secolo non esiste più. La comunicazione sta nelle menti e nessuno ha più bisogno di parlare. Proprio come i robot.
Nelle lunghe ore di attesa, noiose e silenziose, mi chiedo che fine avranno fatto la musica ed il canto? In verità cerco di non pensare alla risposta, è tutto troppo inquietante.
Trascorrono alcuni giorni e poi ci portano altrove, non sappiamo dove; attraversiamo dei corridoi vuoti, lungo le pareti ogni tanto irregolarmente si aprono delle porte, si salgono delle scale,e si percorrono piccoli tunnel . Arriviamo in un grande garage e ci fanno salire su uno strano veicolo, a me viene in mente l’hovercraft, ci accomodiamo su comode poltrone e ci leghiamo con delle cinture di sicurezza. Il mezzo parte e la propulsione di spinta ci schiaccia sui sedili. Vediamo finalmente la luce naturale e ci rendiamo conto di essere sull’acqua, circondati da acqua e pure acqua fino all’orizzonte.
Anche qui nessun rumore, tutto è silenzio. Dai piccoli finestrini si vedono sfrecciare altri veicoli, l’acqua è ferma o quasi solo qualche piccola increspatura dovuta al passaggio delle macchine.
Ci portano in un grande edificio che presumo sia la base organizzativa di questa società . Ci troviamo in breve in una sala circondati da tante persone alte e longilinee, direi che l’umanità è rimasta la stessa o quasi ed in questi 500 anni non è cambiata molto. Solo il silenzio è veramente inquietante. I loro pensieri ci arrivano confusamente, forse siamo troppo spaventati.
Nelle nostre caspule dell’ibernazione avevamo potuto portare poco del nostro passato, io ho portato qualche foto della mia famiglia, la lettera/testamento della mia nonna materna, un piccolo quaderno dove avevo annotato i miei ricordi più importanti, belli e brutti , quelli che avevano segnato la mia vita di allora e l’avevano fatta svoltare.
Ora tengo questi miei modesti ricordi tra le mani e mi chiedo come potrò condividere il mio passato con qualcuno di questi estranei, così perfetti, così simili l’uno all’altro, probabilmente frutto di una attenta selezione genetica, mentre Tony ed io siamo l’imperfezione perfetta del ventunesimo secolo.
Qui non si mangia a tavola, il pasto è un momento rubato alla giornata lavorativa, seduti dove capita con il capo chino su di una scatola di plastica rigorosamente biodegradabile, a scegliere la giusta sequenza di pastiglie colorate da ingollare con più bicchieri d’acqua demineralizzata. Ovviamente nessun momento di convivialità.
E’ tutto in ordine, pulito, anzi sembra sterilizzato.
Mi sto chiedendo perchè mai ho acconsentito a tutto ciò. Stringo forte le mie mani a quelle di Tony che mi guarda incerto e un po’ perso. Ci sentiamo disperatamente soli, ogni momento di più. Questo futuro non è per noi, questo silenzio non è per noi, è tutto troppo perfetto e là fuori oltre all’acqua non c’è nulla, non ci sono alberi nè uccelli, non ci sono montagne nè cerbiatti, non c’è il lupo nè l’orso. Tutto viene coltivato dentro a delle enormi bolle, gli animali non esistono quasi più, la dieta alimentare è vegetariana .
……
Il profumo del caffè arriva alle mie narici, mi sento sudatissima e angosciata, ma era tutto un sogno. Tony arriva con una tazzina fumante, gli sorrido, mi dice Buongiorno dormigliona. Mi sorride e la mia vita imperfetta riprende come sempre, per fortuna.